Vorreste fare qualcosa per salvare la biodiversità del Pianeta? O semplicemente vi piacerebbe poter ridurre gli insetti parassiti delle vostre piante, e magari anche le zanzare estive? Allora… date da mangiare agli uccellini durante tutto l’inverno! Li abituerete a frequentare il vostro giardino anche durante le restanti stagioni, quando il loro cibo diventeranno proprio gli insetti nocivi.
Ma non pensate solo ai semi o alle palle di grasso, bensì a qualcosa di ancora più naturale e meno impegnativo per voi, ma molto più interessante per i piccoli animaletti alati, tanto da attirarne di molte specie diverse, favorendone la sopravvivenza: alberi e arbusti decorativi ma soprattutto carichi di frutti dei quali merli, tordi, passeri, colombi, cince ecc. sono ghiotti.
Ecco 5 esempi di piante da birdfeeding facilmente reperibili nel vostro Centro di Giardinaggio preferito.
Alloro, dal Nord al Sud, ovunque
Ecco una pianta “a duplice attitudine”: a noi servono le foglie, preziosissime in cucina, mentre agli uccellini piacciono le drupe, ossia i fruttini neri dei quali tordi e merli sono golosissimi. E, sempre noi umani, con queste lucide “olive” dell’alloro (Laurus nobilis) ci possiamo preparare un delizioso e aromatico liquore casalingo, il laurino, tradizionalmente molto diffuso in Emilia-Romagna.
Di questo arbusto sempreverde o albero (fino a 20 m d’altezza) si conoscono bene le foglie coriacee, lanceolate, lucide, contenenti un olio essenziale. Passa invece inosservata la fioritura in marzo-aprile, con minuti fiori giallo-verdastri unisessuati portati da piante solo femminili o solo maschili (specie dioica).
Il consiglio è quello di acquistare in autunno un paio di piantine, una con frutti (femmina) e una senza (maschio), per avere la certezza della fruttificazione. Ancora meglio, pensate a realizzare una siepe di alloro, bella, buona e ottima frangivista e frangivento, nonché hotel per uccellini che vi troveranno anche rifugio per riposarsi e vi realizzeranno il nido.
Amelanchier, dal mare alla montagna
Attira merli, tordi e cesene grazie ai grappoli di bacche rosse, blu, viola e nere molto decorative e in alcune specie commestibili anche per l’uomo, come in Amelanchier canadensis (sfere nere dolciastre) e in A. stolonifera, che regala frutti grandi e dolci. Le tante specie di amelanchier (A. laevis, A. ovalis, A. alnifolia, A. lamarckii ecc.) si possono allevare ad alberello o ad arbusto (producono tanti polloni), per un’altezza massima di 3 m. In autunno sono spettacolari anche per i colori delle foglie, che prima di cadere diventano gialle e poi rosse fino al porpora. E cosa dire della primavera, quando in maggio compaiono i fiori bianchi a 5 petali, riuniti in vistosi grappoli?
Rusticissimi e poco esigenti, si trovano bene dalle coste fino ai 1.000 m di quota. Preferiscono una collocazione in pieno sole, che favorisce la produzione di frutti, o al massimo a mezz’ombra. Accettano qualsiasi buon terreno ricco di materia organica e non siccitoso, assolutamente ben drenato perché temono moltissimo i ristagni idrici. Vanno annaffiati nel primo anno dall’impianto. A. ovalis, il pero corvino, si può anche coltivare in vaso grande.
Ligustro, dalla Val Padana in giù
Se vi sono simpatici i colombi e le tortore, piantate un ligustro (Ligustrum lucidum) nel vostro giardino! Li vedrete appollaiati sui rami, fra novembre e marzo, a banchettare con le bacche nere, tossiche per noi ma non per loro.
È un arbusto alto fino a 5 m, con un’abbondante ramificazione espansa fin dalla base, che può essere ridotta in gioventù a formare esemplari ad alberello dalla chioma persistente e tondeggiante. Sarete deliziati anche, tra giugno e luglio, dai fiori bianchi, riuniti in pannocchie di 15-20 cm di lunghezza, profumatissime (attirano le api e altri insetti pronubi), all’apice dei rametti.
Teme le gelate e i freddi intensi e prolungati, per cui nel Nord Italia si trova solo in zone riparate; resiste invece alla siccità. Può anche colonizzare le aree marginali di boschi termofili di collina o di vallate fluviali in zone montane.
Olivello spinoso, per il mare ma non solo
Nei Paesi Scandinavi le “olivelle” le usano da un millennio, non solo nella medicina popolare, ma anche in cucina, nella preparazione di marmellate, di composte di frutta secca con miele e di condimenti, conservandole sotto sale o aceto. Perché i frutti dell’olivello spinoso (Hippophae rhamnoides) fanno sì impazzire ciuffolotti e tortore, ma sono ottimi anche per gli umani, perché contengono il 33% di vitamina C.
Questo arbusto di medie dimensioni (max 4 x 3 m), a crescita rapida, è munito di lunghe spine, che lo rendono ottimo per siepi difensive, oltre che come impenetrabile nido per uccelli. È una specie dioica, con fiori maschili e femminili che sbocciano su piante separate: i fiori giallo-verdastri, poco decorativi, appaiono prima delle foglie, in marzo-aprile. In luglio-agosto si notano i frutti giallo-aranciati, drupe simili a olive, disposte lungo i rami.
Pianta rustica, non teme il freddo e sull’Appennino raggiunge i 1500 m d’altitudine. Preferisce suoli asciutti e sassosi, ma resiste su terreni umidi e freschi, anche con ristagno d’acqua, purché ben esposto al sole (non resiste in ombra). Tollera bene i suoli salati, anche in riva al mare, e le irrigazioni con acqua salmastra. Necessita di annaffiature regolari durante l’estate. Resiste all’inquinamento.
Sorbo degli uccellatori, per la montagna
Da agosto in poi, e fino a esaurimento da parte di cince, merli e tordi che lo “spogliano”, il sorbo degli uccellatori (Sorbus aucuparia) si trasforma in un alberello stracarico di grappoli di fruttini arancioni o rossi, in quantità tale da nascondere – a volte – perfino il fogliame, leggero e ondeggiante, capace di regalare una piacevole ombra in piena estate. Prima ancora, in maggio-giugno, si fa notare per le infiorescenze bianco crema, molto gettonate dalle api.
Alto al massimo 10 m, e dalla crescita lenta (ma molto longevo), questo alberello ama climi freschi: è perfetto sulle Alpi e sull’Alto Appennino. Ma se abitate in pianura o in collina, potete puntare sul cugino sorbo domestico (Sorbus domestica), che produce minuscole “pere” commestibili anche per noi umani: le sorbole.
Una curiosità: il nome aucuparia deriva dal verbo latino aucupor, il cui significato è tutto un programma. Vuol dire infatti "prendere gli uccelli", perché gli uccellatori usavano piantare il sorbo vicino ai roccoli (oggi vietati per legge), in quanto le bacche autunnali attiravano gli uccelli di passo che venivano così catturati nelle reti.