Li trovate da adesso come piantine da orto pronte per il trapianto nel vostro Centro di Giardinaggio di fiducia, o anche nelle bustine di sementi: cavolo cinese, pak choi e mizuna sono ortaggi dell’Estremo Oriente ormai comuni e apprezzati anche in Italia. I sapori sono un po’ fusion, come d’altronde tutta la cucina asiatica orientale, e vi consigliamo di assaggiarli nei piatti tipici per poi scoprire che magari vi piacciono molto. E, perché no, acquistare le piantine per coltivarli, anche in vaso sul balcone. Ma chi è più attento al benessere e alla dieta potrebbe chiedersi che cosa contengono e quali proprietà hanno, e soprattutto se abbiano qualche controindicazione. Ecco la carta d’identità di ciascuno di loro.
Coltivazione e proprietà del cavolo cinese
Il primo a essere coltivato in Italia, all’inizio degli anni ’10 del Terzo millennio, è stato il cavolo cinese (Brassica rapa subsp. pekinensis) che somiglia vagamente al cavolo verza grazie alle ampie foglie increspate color verde chiaro/crema/bianco, ma ha un sapore leggermente amarognolo, comunque molto gradevole.
Potete seminarlo a dimora da adesso fino ad agosto, oppure trapiantarlo a dimora sino a fine luglio (teme temperature inferiori a 8 °C), a 40 cm sulla fila e 60 cm tra le file. Irrigate senza bagnare il fogliame e sarchiate per eliminare le malerbe. È pronto in 60-80 giorni dal trapianto: raccoglietelo estraendo l’intera pianta o tagliando la base sotto le foglie.
Coltivatelo anche in una cassetta da 30 cm (per una singola pianta) prelevando le foglie giovanissime dopo 20-25 giorni, mentre in vasca da 60 cm potete coltivare 2 piante fino a ottenere il cespo maturo.
Le giovani foglie entrano crude nelle insalate, nelle poké e nei panini e tramezzini, mentre le teste si cucinano come la verza e il cappuccio, oltreché tagliate a striscioline e saltate nel wok (sono il ripieno degli Involtini Primavera cinesi).
Il cavolo cinese è ricco di vitamine A, C e K, tutte utili come antiossidanti, antinfiammatori e per rinforzare il sistema immunitario. Contiene anche flavonoidi, fenoli e acidi organici come il caffeico, il ferulico il sinapico e la miricetina, che contrastano l’azione dei radicali liberi pericolosi per la salute. Il buon contenuto di fibra abbassa il colesterolo nel sangue. Gli omega 3 preservano la salute del cuore. Infine, sono accertate le proprietà antitumorali, in particolare la prevenzione del tumore al seno, alla prostata e al colon retto.
Coltivazione e proprietà del pak choi
Ormai abbastanza noto in Italia, anche il pak choi (Brassica rapa subsp. chinensis) viene chiamato “cavolo cinese” (ma non lo è), e negli Stati Uniti bok choi. Si distingue agevolmente dal cavolo cinese perché forma piccoli grumoli di foglie color verde smeraldo molto serrate fra loro, solcate da coste e nervature bianche: ricorda vagamente le bietole da costa. Il sapore però è anch’esso deliziosamente amarognolo in sottofondo.
Seminatelo da febbraio (in semenzaio) a dicembre (in serra fredda, perché resiste fino a 2 °C), in primavera-estate direttamente a dimora, su file distanti 40 cm e a 30 cm sulla fila. Oppure anche in cassette sul davanzale, conservando 2 piante per contenitore da 30 cm. Potete anche partire dalle piantine pronte da trapiantare. Dopodiché irrigate e sarchiate come descritto per il cavolo cinese.
Tagliate le foglie più tenere già dopo 20 giorni (e in questo caso la radice continuerà a produrre), mentre per ottenere i cespetti servono 40-45 giorni (e si estraggono completamente, ponendo fine alla vita della pianta).
Nella cucina cinese e giapponese si utilizza saltato per un paio di minuti nel wok, come contorno alle carni, ma le foglie interne più tenere sono gustose anche crude tagliate fini nelle insalate e nelle poké, e i cespetti ben lavati si possono gratinare al forno con besciamella e formaggio o con fette di prosciutto, o con la salsa di pomodoro e la mozzarella.
Le proprietà nutrizionali del pak choi sono quasi identiche a quelle del cavolo cinese. Le foglie di colore verde scuro contengono più vitamina A, C e folati, preziosi anche per le donne in gravidanza.
Coltivazione e proprietà della mizuna
Ultima arrivata sulle tavole italiane, la giapponese mizuna (Brassica juncea var. japonica) sta recuperando velocemente posizioni perché alla vista ricorda la nostra misticanza, e altrettanto per la facilità di coltivazione: è un’insalata da foglia da taglio di colore verde oppure viola, coltivabile proprio come tutte le insalatine da taglio nostrane. Ma il sapore è fresco, vagamente erbaceo, e ricorda il cavolo cappuccio con un tocco piccantino senapato, tanto che la chiamano “rucola o senape giapponese”.
Ancora più facilmente che con i cavoli potete partire dai semi, distribuendoli fra ottobre e marzo in cassette o ciotole sul balcone, con 1 cm di argilla espansa sul fondo e un buon terriccio per piante da orto, oppure nell’orto a dimora, in file a 20 cm di distanza e a 15 cm sulla fila (oppure in fila continua, con diradamento a 4 foglie vere). Oppure partite dalle piantine già pronte per il trapianto. È meglio il pieno sole, ma resiste anche in mezz’ombra e la mizuna viola tollera anche l’ombra luminosa. Mantenete sempre leggermente umido il substrato; non occorre concimare. Quando le foglie saranno lunghe 15 cm, recidetele 2 cm sopra la base per favorire il ricaccio – in 3 settimane circa – e raccogliere ancora diverse volte.
A crudo si utilizza nelle insalate miste, nelle poké, nei sandwich e panini, sulla pizza, oppure tritata come pesto, o anche come letto decorativo per insalate di mare, gamberi, formaggi, uova sode, torte salate, involtini di carne o di pesce, salatini ecc. In alternativa si può sbollentare, o cuocere al vapore o soffriggere con aglio per accompagnarla a carni, pesci, formaggi, uova.
Anche la mizuna è ricca di vitamine A (ben 327 mg/100 g, preziosa per gli occhi e la pelle), C e K, ma anche di calcio e ferro. Contiene molti carotenoidi e flavonoidi, antinfiammatori e antiossidanti, mentre le fibre saziano con un bassissimo apporto di calorie.
Controindicazioni per cavolo cinese, pak choi, mizuna
Cavolo cinese, pak choi, mizuna appartengono tutti alla famiglia delle Crucifere o Brassicacee, nota perché, accanto alle tantissime proprietà benefiche, ha anche un effetto meno apprezzabile: contiene tioossazolidoni che deprimono gli ormoni tiroidei (ma si inattivano con la cottura), e isotiocianati, che ostacolano l’assorbimento di iodio da parte della tiroide e inibiscono la sintesi di ormoni tiroidei (ma al tempo stesso hanno un effetto protettivo contro i tumori intestinali). Chi ha problemi con la tiroide è bene che si astenga in generale dal consumare Brassicacee.